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Per Aspera Ad Veritatem n.10
L'uomo senza volto

Markus Wolf - Rizzoli, Milano, 1997





Markus Wolf è stato, per ben trentaquattro anni, il capo della Hva (Haupterwaltung Aufklarung - Direzione Principale di Investigazione) il dipartimento per lo spionaggio estero della Stasi, come era conosciuto in occidente il Ministero della Sicurezza di Stato (Ministerium fur Staatssichereit) della Germania Est.
Una così lunga permanenza al vertice di uno dei più efficienti (ed efficaci) servizi segreti del blocco orientale ha determinato, tra l'altro, la nascita di un "mito" intorno alla figura di Wolf, mito alimentato anche da vicende e situazioni tipiche dell'iconografia classica della "guerra di spie" del dopoguerra: dall'impossibilità di individuare la fisionomia del capo dello spionaggio di Berlino est, a causa della mancanza, negli archivi occidentali, di una sua fotografia (da cui il titolo di questa autobiografia), alla leggenda secondo la quale proprio Markus Wolf avrebbe ispirato a Le Carré il personaggio di Karla, il nemico principale e, in un certo senso, l'ossessione di George Smiley, l'indimenticabile protagonista de "la Talpa" e di altri fortunati romanzi dello scrittore inglese.
Ma, al di là di questi aspetti un po' folcloristici, il libro si fa apprezzare per la sincerità e la lucidità con la quale l'Autore ripercorre mezzo secolo di storia europea, dagli anni del nazismo e della guerra, dominati per il giovane Wolf, proveniente da famiglia di stretta osservanza comunista, dalla figura di Stalin, al periodo della "guerra fredda", poi della "distensione" e della "coesistenza pacifica", attraversando vicende ed episodi che, grazie al racconto, spesso non privo di spunti di pungente ironia, di Wolf, si pongono all'attenzione del lettore sotto un inedito punto di vista, quello, appunto, del massimo responsabile dello spionaggio tedesco orientale.
Così, sotto i nostri occhi si dipanano i fili dell'"affare Guillaume", che contribuì non poco alla caduta di Willy Brandt ed al conseguente abbandono della ostpolitik, e appaiono messi a nudo i rapporti, non sempre facili, tra Berlino est e Mosca, oppure vengono narrati "dall'interno" i legami stretti dalla Repubblica Democratica con i gruppi terroristi mediorientali o tedesco-occidentali (come la Rote Armee Fraktion) negli anni ‘70 e ‘80.
Ma dove la narrazione si fa maggiormente apprezzare è, forse, nelle pagine dedicate, in apertura e chiusura di volume, alla fine del comunismo in Europa e al dissolvimento della RDT, così apparentemente solida quanto incapace di reggere i colpi dei rivolgimenti del biennio 1989-90.
E in queste righe, scritte con tono a volte dolente ma sempre lucido, l'ex capo dello spionaggio tedesco orientale tenta di spiegare, più che altrove, la propria weltanschauung, che è quella di un comunista che non rinuncia a coltivare le speranze e gli ideali di chi ha speso la propria esistenza a difendere un "sistema" che oggi gli appare moralmente indifendibile.
Questo perché, pur nella persistente, e quasi orgogliosa, fedeltà alle proprie scelte di vita, anche agli occhi di un inguaribile utopista, come in conclusione del libro si compiace di definirsi Markus Wolf, si sono infine palesati in tutta la loro evidenza i mali prodotti dal totalitarismo stalinista e dalla costruzione di un apparato politico incapace di trovare in sé la volontà e la forza per evolvere.



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